Imprese: le quote rosa servono? (Mi.Fi)
April 17 2023 - 2:19AM
MF Dow Jones (Italian)
Le quote rosa funzionano davvero o rischiano di diventare uno
strumento di «pink washing» che non intacca il vero potere maschile
in azienda? Dalla legge Golfo-Mosca sono passati quasi 12 anni. Ed
entro il 2026 nelle quotate con più di 250 dipendenti almeno il 40%
degli amministratori non esecutivi e il 33% di quelli esecutivi
dovranno essere donne. Lo prevede la direttiva Women On Board
approvata lo scorso novembre dal Parlamento Europeo.
Sul tema ClassCnbc ha messo a confronto due opinioni diverse. Da
una parteRoger Abravanel - director emeritus di McKinsey, autore di
Meritocrazia e membro del cda di imprese globali quotate - è stato
paladino della prima ora dell'ingresso delle donne nei cda, ma ora
pensa sia il tempo di superare la norma e sostituirla con altri
criteri. Dall'altra parte Maria Pierdicchi - una carriera di
successo nel mondo della finanza, attuale consigliere indipendente
in Unicredit e Autogrill e già presidente di NedCommunity - è
convinta che le quote rosa non abbiano esaurito il loro ruolo e che
per migliorare la governance la spinta delle donne sia
essenziale.
Domanda. Abravanel, quando 15 anni fa propose una norma per
l'ingresso di almeno due donne nei cda, queste erano il 4% nelle
società pubbliche e il 5% in quelle private. Ora sono il 41%. Quote
e meritocrazia sono cresciute insieme?
Abravanel. La mia proposta era più meritocratica di quanto
sembrasse perché non aveva senso escludere metà della popolazione
per selezionare le élite che devono sedere in un cda.Proposi una
«affermative action», una norma di autodisciplina societaria.
All'epoca fui molto criticato ma poi la politica si è appropriata
dell'idea con la legge bipartisan Golfo Mosca.
D. Con le quote rosa è migliorata anche la qualità della
governance?
Pierdicchi. E' sicuramente migliorata perché le donne hanno
portato un contributo di professionalità e competenza nei cda: si
sono aggiunte centinaia di giuristi, avvocati, commercialisti e
fiscalisti, economisti, esperte di contabilità e audit; risorse che
hanno dato contributi importanti al funzionamento dei board.
Abravanel. Alcuni studi dimostrano di sì, altri il contrario, ma
di certo le donne hanno portato un contributo di soft skills,
indipendenza e coraggio, soprattutto nella compliance con le
regole. E nei cda si è rotto il fronte degli amici dell'azionista
di riferimento.
Pierdicchi. In realtà per rispondere è necessario anche capire
bene i criteri da considerare. La creazione di valore per gli
azionisti è solo uno di questi. Le donne hanno portato diversità e
nuove esperienze che costituiscono sempre un arricchimento. Ma
soprattutto portano valore in termini di attenzione agli
stakeholder. Per me il bilancio è molto positivo.
D. Missione compiuta, quindi?
Pierdicchi. Siamo arrivati alla parità di genere nei cda ma non
nelle posizioni di vertice, che sono ancora molto maschili; basta
vedere quanto poche sono le ceo donna in tutto il mondo. C'è ancora
molto da fare e togliere le quote rosa è pericoloso perché si può
tornare indietro rapidamente. Una grande azienda italiana si è
delistata da poco e, venuti meno gli obblighi di legge, ha
immediatamente riportato il cda a totalità maschile. Quindi direi
che siamo ancora in una fase di transizione, nella quale certe
aziende magari delle quote rosa non hanno più bisogno, ma altre
sì.
Abravanel. Concordo: la vera parità di genere non è stata
raggiunta. I dati dicono che nel mondo occidentale il 30% delle
posizioni di vertice delle imprese sono coperte da donne, ma si
tratta di posizioni funzionali e non power leadership positions, le
quali continuano a essere coperte da uomini. Le donne sono
responsabili di audit, compliance, risorse umane, legale,
comunicazione. Ma i direttori finanziari, i chief operating
officer, i vice-president marketing and sales e soprattutto il ceo
sono ancora maschi. Incidentalmente, questa è anche la ragione del
gap di retribuzione tra donne e uomini, perché a parità di
posizioni la retribuzione è simile, ma gli uomini coprono posizioni
meglio retribuite.
D. Quindi vincoli e quote servono per cambiare?
Abravanel. Credo che tenere le quote rosa serva a poco e rischi
di offrire l'opportunità di fare «pink washing», ossia compensare
con una parità di facciata lo squilibrio sostanziale che persiste
fuori dai cda. Le «azioni positive» servono per forzare
temporaneamente una situazione bloccata. Quando proposi almeno due
donne nei cda, nei miei comitati nomine eravamo solo uomini e a
nessuno veniva l'idea di cercare una donna. Adesso le donne ci sono
e ci pensano loro a proporle.
Pierdicchi. Non sono d'accordo. Io lavorerei soprattutto sul
cambio culturale, ma direi sicuramente che la legge serve ancora
per un po'.
Abravanel. Legge o non legge, si deve cambiare la narrativa.
L'obiettivo è una buona governance e per averla bisogna
preparare più donne nelle posizioni senior.
D. Come?
Pierdicchi. Partirei cercando di migliorare la qualità della
selezione e del funzionamento dei cda, che oggi si occupano troppo
di compliance e poco di strategia e succession management. E' vero
che le donne nei cda mediamente danno più valore su problematiche
giuridiche, legali e amministrative che nelle discussioni
strategiche di business perché non hanno l'esperienza di ceo o di
altre posizioni di power leadership, come le chiama Roger, ma il
loro contributo di competenze e di soft skills continua a essere
utile. Le sfide delle imprese dei prossimi 20 anni richiedono un
enorme salto qualitativo dei nostri cda. La «G» di «governance»
nell'acronimo Esg è la lettera chiave, e purtroppo negletta, per
affrontare le sfide della sostenibilità, della geopolitica, della
trasformazione digitale .
Abravanel. Come dice Maria, la compliance deve contare sempre
meno e i cda devono occuparsi di controllare il ceo, contribuire
con idee e esperienza per aiutarlo e sopratutto sfidarlo in maniera
costruttiva.
La sfida di genere non è più la piena parità nei cda ma
costruire programmi di sviluppo professionale che nei prossimi anni
portino più donne con esperienza di power leadership ai vertici e
nei board delle imprese. Non sta succedendo in molte imprese
italiane, neanche dove il presidente è una donna. Proprio per er
questo insistere per andare dal 30 a 50% di quote rosa nei cda
distrae dalla vera sfida e rischia di diventare controproducente
rispetto all'obiettivo di raggiungere una parità di genere
sostanziale.
pev
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April 17, 2023 03:04 ET (07:04 GMT)
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