Energia: venti di crisi per l'eolico, perchè le aziende soffrono (Rep)
November 13 2023 - 2:08AM
MF Dow Jones (Italian)
MILANO (MF-NW)--A prima vista, un controsenso: perché gli
impianti, in particolare offshore (in mezzo al mare), crescono come
non è mai avvenuto prima. Ma allo stesso tempo, le società che
realizzano centrali eoliche o producono pale e turbine "soffrono"
come mai era avvenuto da quando è iniziato il processo di
transizione energetica, che spingerà il mondo da una economia
dominata dai combustibili fossili alle rinnovabili. In buona
sostanza: da un lato prosegue la corsa inarrestabile a livello
industriale, con record battuti per crescita di produzione
installata. Ma, allo stesso tempo, le società del settore vedono
crollare i loro profitti o le quotazioni di Borsa.
Com'è potuto accadere? Il fenomeno si spiega meglio se si
prendono in esame alcuni esempi. Tutti delle ultime settimane. Uno
dei casi più eclatanti riguarda il gruppo danese Orsted, numero uno
al mondo nell'eolico offshore, si legge su Affari&Finanza di
Repubblica. Di proprietà dello Stato scandinavo, è passato dalla
produzione di idrocarburi allo sviluppo delle rinnovabili. Il primo
novembre scorso, le azioni di Orsted alla Borsa di Copenaghen sono
crollate fino a perdere il 26%, dopo l'annuncio della perdita
"monstre" di 4 miliardi di dollari, per aver interrotto i lavori di
due grandi progetti al largo delle coste del New Jersey.
Così come altri progetti, dal Mare del Nord in Europa al Mar
Cinese in Asia, l'industria dell'eolico off shore è stata colpita
da un "combo" di condizioni negative. Al primo posto l'interruzione
delle catene di approvvigionamento, causata dalla guerra
commerciale tra le grandi potenze per le forniture delle materie
prime necessarie per la produzione di impianti rinnovabili. Al
secondo posto, l'aumento dei costi di materiali e tecnologie. Per
arrivare al terzo punto, il peso degli interessi finanziari, saliti
con le manovre anti-inflazione delle banche centrali.
Sono proprio le ragioni che hanno portato Orsted a cancellare i
progetti negli Stati Uniti e che hanno amplificato le perdite in
Borsa: il gruppo danese ha subito un calo di capitalizzazione del
60 per cento da inizio anno. Così com'è avvenuto sempre nelle
ultime settimane a Bp, che ha dovuto svalutare per 540 milioni due
progetti al largo di New York. Nonostante tutto ciò - e qui sta la
grande contraddizione - l'amministratore delegato di Orsted, Mads
Nipper, ha presentato al mercato un terzo trimestre molto positivo
dal punto di vista dei numeri, con un utile netto di 5,9 miliardi
di corone (quasi 8 miliardi di euro). Così Nipper ha potuto
sostenere - come riportato dal Financial Times - che "le capacità
di generare utili da parte della società rimangono solide".
Non meno diverso da quanto accaduto in Asia, protagonisti uno
dei colossi della transizione energetica made in Cina. Goldwind
Science&Technology, il più grande produttore di turbine
eoliche, ha visto gli utili dell'ultimo trimestre cadere
addirittura del 98% (a 1,3 milioni di dollari) a causa non tanto
del calo della domanda, quanto piuttosto per la guerra dei prezzi
tra i leader. E ciò nonostante la vendita dei primi nove mesi
dell'anno sia arrivata a 8,9 Gw, il 25% in più rispetto allo stesso
periodo dell'anno scorso.
In buona sostanza, cosa è accaduto in Cina? La più grande delle
economie asiatiche, decisa a sfidare gli Stati Uniti per il
predominio economico mondiale, ha varato un grande piano per
tagliare le emissioni inquinanti affidandosi alle tecnologie green.
Questo ha portato non solo a un aumento degli impianti rinnovabili,
ma ha causato una competizione sempre più feroce tra i vari
produttori, causando una guerra dei prezzi che ha portato
all'inevitabile svalutazione degli asset e dei valori di carico nei
bilanci.
Una spirale negativa che non sta risparmiando i grandi gruppi
del settore anche in Europa, dai costruttori come Siemens, ricorso
a garanzie di Stato per salvaguardare i propri progetti, alle
utility come Vattenfall e Iberdrola. Questo non significa che la
transizione abbia segnato una battuta d'arresto. Secondo l'Agenzia
internazionale dell'energia, nel corso del 2023 verranno aggiunti
500 Gw di generazione rinnovabile, dove il solare avrà il peso
maggiore. Mentre l'eolico sarà il settore a subire le perdite più
rilevanti: del resto, a inizio anno il Wind Energy Council aveva
messo tutti sull'avviso: il 2023 sarà il primo anno a superare i
100 Gw di nuova capacità eolica installata, ma saranno necessari
«interventi urgenti da parte delle istituzioni per garantire una
catena di approvvigionamento sicura e puntuale".
Morale: le difficoltà si ribaltano sui risultati in Borsa, con
un calo delle quotazioni che ha accelerato nella seconda metà
dell'anno: l'indice S&P Global Clean Energy è sceso del 30% nel
primo semestre dell'anno, mentre nello stesso periodo il S&P
Energy è andato in controtendenza, mostrando un segno positivo. A
detta degli esperti, è una battuta d'arresto, inevitabile in un
periodo di transizione. La decisione di andare verso le energie
pulite non viene messa in discussione: anche perché sta creando
nuovi posti di lavoro, ben retribuiti, nel settore manifatturiero,
navale e nelle infrastrutture in misura superiore a quelli che si
perdono nel settore dei fossili. Il piano verso la green economy è
sempre più inclinato.
cos
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November 13, 2023 02:53 ET (07:53 GMT)
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